Diamo subito una definizione che ci consenta di cogliere la differenza tra i due concetti: trasformazione e informatizzazione.
Un albero che cambia le foglie o un mammifero che cambia il colore del mantello con l’arrivo dell’inverno è informatizzazione; un bruco che diventa farfalla e trasformazione.
Questa metafora ci aiuta a capire, il cambio degli strumenti per svolgere la medesima funzione è informatizzazione, l’albero è sempre albero, che io scriva con una vecchia Olivetti Lettera 32 o con un programma di videoscrittura, svolgo la stessa funzione, scrivo.
Il bruco che diventa farfalla si trasforma da essere che cammina ad essere che vola e che quindi assume con la trasformazione la capacità di spostarsi con maggiore agilità.
Ergo, se introduco un CRM in azienda e lo uso solo come raccoglitore di contatti (quasi fosse una storica agenda) informatizzo, mi sarà più facile il solo cercare un contatto ma per questo non mi serviva un CRM bastava raccogliere i contatti su un foglio di calcolo ed usare la funzione ordina. Se invece trasformo il mio processo di vendita ed uso il CRM per gestire il nuovo processo, seleziono nuove occasioni, qualifico i contatti, li nutro, a volte con sistemi automatici di trasferimento delle informazioni utili alla vendita, ecco sempre per restare in metafora ho messo le ali ai venditori. Questa è trasformazione digitale.
Il ruolo della tecnologia è stato sempre strategico in tutta la storia dell’umanità, cambia la vita degli uomini, crea nuove opportunità. Oggi però siamo di fronte a qualcosa di diverso rispetto al semplice progredire a cui siamo stati abituati, è molto più potente e veloce.
Non per nulla a trasformazione digitale si associa rivoluzione digitale, si, come nel XIX secolo con la rivoluzione industriale, non è solo cambio di strumenti ma è profonda trasformazione sociale che muta le funzioni, in sostanza cambiano completamente i modi di fare. I bruchi non attraversano i fiumi, le farfalle si.
Ma allora trasformazione digitale e informatizzazione si confrontano l’uno contro l’altro? Sono strade diverse? Se trasformo faccio bene se informatizzo faccio male? o viceversa. No, nella realtà dei fatti i due concetti, per quanto diversi, coesistono.
S’innalza il livello tecnologico, vengono poste le basi per il cambiamento che in azienda diventa realtà grazie alle conoscenze delle nuove figure professionali sempre più specializzate, le quali sanno utilizzare appieno le potenzialità dei nuovi strumenti. La tecnologia si limita a fare da apripista per il cambiamento che diventa possibile solo con un nuova cultura organizzativa, questa cultura nuova entra nelle aziende e si diffonde grazie al lavoro dei professionisti del futuro di cui parleremo più avanti.
Oggi quindi in qualsiasi realtà imprenditoriale, il lavoro in team diventa imprescindibile. Le competenze si sono fatte sempre più trasversali. E’ impensabile che un progetto lavorativo possa essere seguito dalla A alla Z da un singolo professionista. Perciò, nel lavoro di squadra è la tipologia di collaborazione che determina le modalità di utilizzo degli strumenti da parte dei componenti dello staff. E tutto ciò viene deciso a monte dalla proprietà e dal management nel momento in cui non si limitano ad introdurre nuovi strumenti ma prima ancora nuova cultura organizzativa. Questo è il motivo di fondo per cui occorrono leader competenti e carismatici, affinché il processo di trasformazione digitale si riveli foriero di risultati positivi.
Un’azienda deve seguire la giusta rotta verso il cambiamento
Oggi creatività e innovazione sono considerati principi basilari, in grado di assicurare concreto vantaggio competitivo alle imprese che sanno sfruttare questi valori. A volte è più facile produrre cambiamento nelle realtà di grandi dimensioni, a volte ci sono maggiori resistenze nelle realtà più piccole, di cui il tessuto imprenditoriale del nostro Paese è costituito in larga prevalenza, le PMI, spesso a conduzione familiare. Qui i concetti di creatività e di innovazione possono trovare resistenza a fronte di un ambiente più conservativo e poco incline al cambiamento, alla mutazione, l’azienda è sempre andata bene così perché cambiare. A fronte del mondo che cambia velocemente si continua ad applicare un vecchio modello, si cerca solo uno strumento che consenta di ottimizzazione le tempistiche lavorative.
Ci vuole più coraggio in questo momento in cui stiamo uscendo dalla pandemia di Covid-19, è necessario tracciare una nuova rotta, serve investire nelle nuove figure professionali capaci di guidare il cambiamento, serve portare in azienda nuova cultura organizzativa che sappia gestire le nuove tecnologie ampiamente disponibili ed a costi accessibili anche per le nostre PMI, serve formazione, serve sperimentare, così nascono le idee creative e così si introduce l’innovazione.
Come si potrebbe favorire il concetto di creatività nel contesto aziendale?
Le figure professionali innovative necessitano di lavorare in un contesto stimolante, dove ogni giorno si possa apprendere. Il learning by doing viene considerato fondamentale per tutti coloro che desiderano aumentare le competenze del proprio profilo lavorativo, sia per fare carriera aziendale che per avere un profilo più completo e, di fatto, meglio spendibile sul mercato del lavoro. Pertanto, la figura dei leader in questo caso si dimostra imprescindibile per motivare i lavoratori al cambiamento e per incentivare l’apprendimento. Partiamo da questo presupposto, il mondo in cui prima si imparava a scuola, poi si lavorava in fabbrica od in ufficio continuando per una vita a fare le stesse cose non esiste più. Quindi il contesto aziendale deve essere aperto alle novità, favorire l’apprendimento, generare formazione, disponibile alla sperimentazione, condividere con tutti i vantaggi che ne derivano.
L’ostacolo più grande per l’innovazione è il conservatorismo
Mentalità tradizionali e il forte conservatorismo a livello di approccio costituiscono un ostacolo importante per l’implementazione dell’innovazione e per lo sviluppo di idee creative. Urge un’inversione di tendenza su questo tema: spesso, anche cambiamenti impercettibili possono fare la differenza. Chiedere ad un collega competente in un determinato processo, cosa si potrebbe fare per apportare cambiamenti concreti all’interno dell’organizzazione aziendale, può essere considerato un modo intelligente per favorire l’innovazione in ambito aziendale. Ecco perché i contesti organizzativi orizzontali, dove l’ascolto ricopre un ruolo di cruciale importanza, negli ultimi anni hanno ottenuto risultati ampiamente superiori alle imprese organizzate in maniera piramidale, secondo il classico modello top-down.
I leader devono avere l’abilità di favorire il processo di trasformazione digitale e di informatizzazione. Lo abbiamo appena detto, trattasi di due concetti che, per quanto diversi, in realtà coesistono.
Cos’è l’informatizzazione?
Per informatizzazione si intende l’introduzione di sistemi informatici, volti a ottimizzare le tempistiche lavorative. Quindi diciamolo chiaramente per evitare i troppi fallimenti a cui assistiamo, ovvero software attivati sia costosi o gratuiti che restano inutilizzati: la software selection viene dopo, prima si deve decidere come si vuole agire sul processo. E’ necessario comprendere che non è il software che fa la differenza.
Cos’è la digitalizzazione?
Non si tratta di un semplice cambiamento ma di una vera e propria trasformazione, il cui punto di partenza è costituito dai processi. Ci ripetiamo sino alla noia, non si tratta della mera sostituzione di un software, ma di un poliedrico e complesso insieme di tematiche strategiche e organizzative da fronteggiare.
La prima verte sulla presa in esame di ogni singolo processo e sulla scelta del software, di primo acchito giudicato come migliore. Per qualsiasi attività, il mercato propone una miriade di opportunità strategiche a costi spesso contenuti. Il software, però, da solo non è sufficiente, perché senza il know-how del personale, i miglioramenti restano solo teorici.
L’intento di fondo di un processo di digitalizzazione è invece quello di automatizzare i compiti a basso valore aggiunto, affinché il personale possa infondere tutte le sue energie e l’impegno sugli incarichi ad alto valore aggiunto.
Poi è la volta della comprensione del peso specifico ricoperto dalla gestione dei progetti in real time, fondamentale per evitare problemi sul nascere. In questo modo, l’organizzazione di lavoro risparmia tempo e denaro, investendo la massima attenzione su attività che, in determinate fasi della giornata, possono rivelarsi in affanno per picchi elevati di carichi di lavoro.
Infine, i leader, volti a dare il la alla digitalizzazione in ambito aziendale, devono concentrarsi sul miglioramento del processo lavorativo, grazie al ruolo strategico dei modelli predittivi. L’attività lavorativa, i compiti e le prestazioni possono sensibilmente migliorare se i leader hanno doti di problem solving fuori dal comune.
In conclusione, non basta informatizzare, il solo strumento non è sufficiente. È necessario partire dai processi per introdurre trasformazione digitale vera, però prima ancora il leader che affronterà questa sfida, il Chief Digital Officer (CDO il direttore del digitale), deve creare attorno a sé in azienda il team su cui seminare la cultura della trasformazione, quella che crea il vero cambiamento e che contamina l’azienda intera.