Come cambia il percorso d’acquisto dell’utente nell’era digitale

Scritto da Pasquale Caiazzo
il 09/07/2022

Il percorso d’acquisto dell’utente, noto come Customer’s Journey, è decisamente cambiato rispetto al passato, a seguito dell’introduzione di tutta una serie di tecnologie all’avanguardia. A essere rimasto lo stesso è sostanzialmente soltanto il bisogno iniziale che spinge il consumatore ad acquistare: quest’ultimo può avere una necessità imminente di procedere all’acquisto per risolvere un problema di routine, per fronteggiare una situazione complessa che si presenta sporadicamente o per rafforzare il suo status symbol. Pertanto, il percorso d’acquisto dell’utente è costellato da varie tappe, denominate touchpoint, le quali possono essere sia online sia off-line. La tecnologia, di fatto, ha inciso sensibilmente sull’evoluzione del processo d’acquisto, coinvolgendo in primo luogo i consumatori e in seguito anche i touchpoint con cui si è soliti interagire. Vediamo, quindi, com’è cambiato il Customer’s Journey.

Quali erano le principali fasi del percorso d’acquisto dell’utente?

Le fasi percorso d’acquisto dell’utente, prima dell’avvento dell’era digitale, erano cinque.

1. Problema, desiderio o bisogno

Nella fase iniziale, il consumatore ha un problema da affrontare, un bisogno da soddisfare, un desiderio da realizzare. Questi possono derivare dal contesto esterno in cui si vive o da uno stimolo interno. In passato, la pubblicità ricopriva un ruolo determinante in questa fase, stimolando il desiderio del consumatore e facendo leva appunto su fattori emotivi e razionali, volti a evidenziare questi bisogni latenti.

2. Ricerca delle soluzioni

Talvolta il consumatore si mette alla ricerca di informazioni. Non sempre però ciò si verifica. Basti pensare agli acquisti d’impulso. Se ad esempio vede in vetrina un articolo che di primo acchito gli piace, è probabile che lo acquisti immediatamente. Tuttavia, in alcuni casi, può cercare su Google le caratteristiche base di una lista di prodotti che potrebbero interessargli, metterli poi a confronto ricorrendo a uno dei tanti comparatori online e vedere qual è quello che maggiormente soddisfa le sue esigenze. Nella fase dove si ricercano soluzioni, il consumatore risulta particolarmente attento nei confronti dei messaggi che riceve. Le strategie di comunicazione messe in campo dai vari brand lo aiutano a capire meglio cosa sta effettivamente cercando e a intercettare i suoi bisogni concreti. Di conseguenza, un messaggio rivolto a un target ben definito può rappresentare un punto di svolta per le aziende inserzioniste.

3. Valutazione delle alternative

A questo punto, dalla lista di articoli iniziale, il consumatore inizia a fare una cernita concreta delle opzioni individuate. Per portare a termine questa scrematura, i criteri di selezione variano da utente a utente, in base a fattori prettamente soggettivi. Elementi quali le caratteristiche tecniche di un prodotto, il colore, il design, il prezzo, le recensioni lette online incidono in maniera più o meno rilevante in questa terza fase.

4. Acquisto

Come si può facilmente intuire, nel Customer’s Journey, la fase del momento d’acquisto è quella decisiva. Qui, infatti, il diretto interessato deciderà per un prodotto piuttosto che per un altro. Elementi come la possibilità di pagare online o in contrassegno, la distanza dal punto vendita, le opinioni della cerchia dei suoi contatti che hanno già acquistato quel prodotto, ritenendosi soddisfatti, possono orientare la decisione finale.

Si tenga sempre conto, però, che queste quattro fasi possono essere completamente rimosse a fronte di acquisti d’impulso. Questi, in genere, riguardano i cosiddetti articoli di poco conto.

5. Post acquisto

Dopo aver ultimato la transazione, il post-acquisto è fondamentale per qualsiasi attività. Innanzitutto, il consumatore può “tastare con mano” quanto acquistato e valutarlo meglio, decidendo se il livello di soddisfazione è totale, parziale o se, nella peggiore delle ipotesi, tutte le aspettative non sono state minimamente soddisfatte. A fronte di feedback positivo, chi ha venduto il prodotto ne ha tutto da beneficiare in quanto a ritorno d’immagine, a passaparola e, soprattutto, a fidelizzazione. Un consumatore soddisfatto, infatti, tornerà sempre ad acquistare, suggerendo il prodotto alla sua cerchia di contatti. In tal senso, molte aziende più che focalizzarsi sull’acquisizione di nuovi clienti, dovrebbero concentrarsi sul consolidare la quota di quelli più affezionati. Se lo facessero, infatti, investirebbero meno in ambito di marketing e di comunicazione pubblicitaria e, al tempo stesso, vedrebbero lievitare le loro vendite. Di conseguenza, anche i numeri del business, vale a dire fatturato e profitti, ne trarrebbero giovamento.

A fronte di mancata soddisfazione del consumatore, ovviamente, il danno d’immagine dell’azienda sarebbe considerevole.

Come cambio il processo d’acquisto dell’utente?

Nell’era digitale, queste cinque fasi si articolano in modo differente rispetto a quanto indicato. La rivoluzione industriale 4.0, infatti, comporta che il percorso d’acquisto dell’utente sia più lineare. I vari punti di contatto online e off-line lo hanno reso più variegato. Il consumatore al giorno d’oggi è molto più informato rispetto al passato, grazie a internet. Non è più un soggetto passivo rispetto al mercato. Ciò vuol dire che non è più sufficiente un semplice spot televisivo o un cartellone pubblicitario per orientare la sua decisione. Oggi, infatti, si parla con sempre maggiore frequenza di “consum-attore”, ossia un utente che ha maggiore consapevolezza in fase di scelta ed al tempo stesso in possesso di una gamma di strumenti utili per portare a termine l’acquisto. Il cambiamento inizia dalla ricerca di informazioni di un determinato prodotto: si tratta, infatti, del primo momento di interazione tra un’impresa e il consumatore.

Il passaggio dal FMOT allo ZMOT

Per molti anni, il momento chiave di un determinato brand è stato il cosiddetto FMOT (First Moment of Truth): il termine, utilizzato per la prima volta nel 2005 da una multinazionale del calibro di Procter & Gamble, indicava un’importante opportunità di marketing per qualsiasi marchio, ossia l’interazione iniziale tra l’acquirente potenziale e un articolo collocato sullo scaffale di un negozio. La suddetta fase durava solamente per un brevissimo intervallo di tempo, compreso tra i 3 e i 7 secondi: tanto impiega un utente per decidere se acquistare un prodotto o meno.

Alan G. Lafey, noto dirigente d’azienda che ha guidato Procter & Gamble dal 2000 al 2010 e dal 2013 al 2015, sosteneva che il processo d’acquisto iniziava sempre con uno stimolo esterno, come ad esempio uno spot televisivo. Una volta che il messaggio pubblicitario raggiungeva il target di riferimento, i consumatori venivano invogliati all’acquisto di un prodotto. Il FMOT si verificava direttamente allo scaffale del punto vendita: quelli meglio esposti avevano per ovvi motivi maggiori probabilità di acquisto. Il SMOT (Second Moment Of Truth) viene fuori in fase di esperienza: solo “tastando con mano un articolo”, l’acquirente può dire la sua sull’acquisto, definendolo soddisfacente o insoddisfacente.

Con l’avvento della rivoluzione digitale, le cose sono però cambiate: dal 2018, infatti, le interazioni tra consumatori e brand sono cambiate. E non solo per merito di Google e dei motori di ricerca. Oggi, si parla con sempre maggiore frequenza di momento zero della verità, ossia ZMOT (Zero Moment Of Truth): l’acquirente potenziale, spinto da uno stimolo o da un desiderio, pone le basi per decisioni future. Queste ultime possono avere a che fare con l’acquisto effettivo di un determinato articolo oppure con la fruizione di uno specifico prodotto. Per ZMOT, comunque, si intende l’intervallo di tempo che si registra tra la fase informativa, vale a dire quella in cui il consumatore viene a conoscenza di un bene, e il suo acquisto finale. Caratteristiche tecniche e prezzi sono le variabili che incidono maggiormente in fase di scelta: possono essere considerati il punto di partenza prima dell’interazione con il prodotto.

I rapporti di Google evidenziano come 7 utenti su 10 dichiarino di cercare le recensioni dei prodotti prima di acquistare. Il numero di alternative vagliate dagli acquirenti è in media pari a 10,7.

Customer’s Journey: un esempio concreto

Per spiegare come è cambiato il percorso d’acquisto dell’utente nell’era digitale, è possibile fare un esempio a tema.

Si supponga che un consumatore sia alla ricerca di un portale di e-commerce, dove acquistare scarpe eleganti in occasione di un matrimonio.

Nella fase iniziale, il consumatore, in quanto libero professionista con una giornata di lavoro densa di appuntamenti, è perfettamente consapevole di non avere tempo a sufficienza per recarsi in un negozio, dove provare un paio di scarpe eleganti. Per questo motivo, preferisce acquistare online, magari partendo dalla ricerca dei portali di e-commerce più blasonati nel settore moda.

Per vedere quali sono le scarpe eleganti più di tendenza cercherà informazioni su blog, magazine online, siti web dove si parla di quest’argomento. Ragion per cui, i titolari di shop online dove si vendono scarpe eleganti hanno tutto l’interesse per migliorare il posizionamento del loro sito internet su Google e sui motori di ricerca. In linea di massima, occorre selezionare con un lavoro di analisi quali sono le query più digitate su internet dai consumatori interessati all’acquisto di scarpe eleganti online. Da lì, bisogna vedere quali sono già state prese in considerazione dai competitor. Per essere nella prima pagina di Google e farsi trovare da questo libero professionista o da i tanti consumatori che cercano ogni giorno informazioni online, potrà essere utile strutturare tutta una serie di contenuti che hanno come keyword primaria: “scarpe eleganti nere uomo”, “scarpe eleganti da cerimonia”, “scarpe uomo classiche matrimonio”, “scarpe matrimonio personalizzate”, ecc. In ottica di un lavoro di posizionamento organico così come di inserimento di inserzioni pubblicitarie, è di cruciale importanza apparire nelle prime posizioni di Google e dei motori di ricerca, trasmettendo ai consumatori potenziali le informazioni chiave per accedere al portale di e-commerce, mostrando un’immagine del brand coerente con i loro desideri. Post illustrativi del catalogo di scarpe, evidenza del made in Italy, in quanto sinonimo di qualità, sono alcune delle leve su cui puntare.

Quando il consumatore ha visitato diversi store online, confrontato i modelli, i prezzi, le modalità di spedizione, bisognerà destare il suo interesse. Per incuriosirlo e differenziarsi dai competitor, è possibile puntare su brevi video o su scatti fotografici ad alto impatto visivo. Anche le azioni di remarketing sul web e sui social network incidono sensibilmente sul processo d’acquisto.

Infine, nella fase decisionale, la user-experience che il portale di e-commerce gli fornisce, deve essere di alto livello: dettagli come l’e-mail di conferma, i tempi di spedizione ben chiari, il sistema di pagamento vanno curati nei minimi particolari. Solo così il livello di soddisfazione sarà massimo.

La live chat e un supporto telefonico sono canali diretti di comunicazione molto utili sia per eventuali approfondimenti (disponibilità di modelli simili, informazioni sulla provenienza dei materiali) sia nel post-acquisto, se ad esempio qualcosa dovesse andare storto (ritardi nella consegna, calzature troppo strette).

Conclusioni

Come ci si può rendere facilmente conto, con l’avvento dell’era digitale, il percorso d’acquisto dell’utente è andato incontro a importanti cambiamenti. Grazie al supporto dei nostri Chief Digital Officier, potrai contare su una mappatura precisa del progetto che ti consentirà di inquadrare ancora meglio il tuo target di riferimento, di incrementare le vendite e di ottenere i risultati sperati. 

Costruire una customer journey performarnte non è semplice e probabilmente lo sarà sempre meno nel prossimo futuro, motivo per il quale disegnare il percorso con attenzione dovrebbe diventare una best practice per qualsiasi business. 

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A presto!

 

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