Il settore della ristorazione ha subito un colpo devastante dalla crisi derivata dalla pandemia di Covid. Molti sono stati i fattori negativi che si sono abbattuti come uno tsunami su questo comparto economico, i modelli di business alla base delle varie articolazioni in cui il comparto si declina sono improvvisamente risultati inapplicabili. Oggi a distanza di quasi due anni, pur nello sforzo della ripartenza, i dati disponibili ci parlano di una sofferenza grave, ampiamente diffusa e certo non superata.
Quanto successo ha causato danni trasversalmente e non ha risparmiato nessuna tipologia d’attività, dal ristorante a conduzione famigliare ai giganti della ristorazione collettiva.
Nel primo caso, quello del classico ristorante sotto casa, anche solo il costo della locazione dei locali (lungamente chiusi o parzialmente attivi) unito ad altri costi fissi, comunque presenti, hanno causato il definitivo abbassamento della serranda.
Nel secondo, quello delle grandi società attive nelle mense delle scuole, delle fabbriche, degli uffici e delle comunità assistenziali, lo sguardo ai dati di bilancio disponibili ci indicano una riduzione del fatturato tra il 2019 ed il 2020 generalmente superiore al 30%, che nel caso delle attività ristorative legate, ad esempio, al mondo dei grandi eventi fieristici è arrivata ad una riduzione del giro d’affari di circa il 60%.
È di pochi giorni fa l’allarme lanciato su Repubblica del 13 dicembre da Chiara Nasi, presidente di CIRFOOD, (ecco qui, come dicevo, un grande operatore della ristorazione collettiva) che ci dice: “ricavi e vendite giù fino al 50%”, ed ancora “è a rischio la tenuta sociale di un intero comparto strategico” .
Come si fa a ripartire?
Questo lo sguardo su quanto è accaduto. Ora, proprio da quanto si è fatto in emergenza, nel momento in cui improvvisamente i clienti avevano smesso di sedersi ai tavoli, dobbiamo capire che la digitalizzazione delle attività può dare un concreto contributo alla ripartenza ed alla messa a regime di nuovi modelli di business.
Il delivery è stata una soluzione d’emergenza, la quale però ha dimostrato ancora una volta come, anche nel settore della ristorazione, oggi sia più che mai importante conoscere e seguire le esigenze del cliente e quindi proprio da li si deve ripartire.
Il “prodotto food” è generalmente di qualità e grazie alla nostra tradizione spesso di alta qualità, quindi il focus va spostato dal prodotto e ci si deve concentrare sulla Buyer Personas. Le abitudini sono mutate, forse addirittura in modo irreversibile, ad esempio è facile capire che punti di ristoro collegati a grandi centri direzionali non genereranno più il valore pre covid proprio perchè lo smart working non sarà un fenomeno passeggero. Quindi dobbiamo prima di tutto capire quali sono e soprattutto saranno le nuove esigenze dei clienti.
Il digitale può aiutare?
Se nelle piccole attività, nei ristoranti e nelle trattorie, l’imprenditore che stando tra i fornelli si è costruito una clientela fidelizzata ora dovrà capire semplicemente che è giunto il momento che inizi ad utilizzare le potenzialità di strumenti già esistenti e di facile approccio come ad esempio Google my business e comunque con azioni legate al territorio che la geolocalizzazione gli consente, discorso diverso è invece quello che riguarda le grandi aziende della ristorazione.
Nei giorni scorsi leggevo un dato di qualche mese fa che indicava come circa il 70% delle aziende del comparto fosse pronta ad investire in ambito digitale nel corso del 2021.
Questo dato dimostra come la consapevolezza che il digitale possa aiutare sia ampiamente diffusa. Quindi la risposta alla domanda il digitale può aiutare è SI!
Il primo aiuto, non partire con gli errori più comuni?
Chi ha fatto della consulenza strategica digitale il focus della sua attività, come i Chief Digital Officer di Maia Management, si rende conto però come anche le aziende della ristorazione siano esposte ai comuni errori che noi incontriamo quotidianamente nel rapporto con gli imprenditori ed i manager che iniziano ad avventurarsi nel percorso digitalizzazione.
Attività spot di comunicazione sui social media, acquisti di licenze software senza una corretta visione di quali siano le necessità di progetto, rifacimenti di siti internet come se fossero una semplice insegna esposta sulla strada, sono comuni esempi di partenze sbagliate.
Tutte situazioni dove importanti risorse vengono investite senza un reale beneficio di ritorno se non contestualizzate in un progetto più generale.
Il contributo del Chief Digital Officer?
Personalmente sono convinto che anche l’imprenditore del settore ristorazione debba partire dalle analisi fondamentali che ogni avvio di progetto digitale comporta, anche perchè il digitale non deve entrare nell’azienda solo con le nuove proposte di offerta al cliente, ma questo è il momento per rivedere completamente i modelli di business per validare nuove catene del valore anche rispetto a ciò che è stato da sempre il core business dell’azienda.
Individuare la, o meglio le, Buyer Personas. Ripensare ed analizzare attentamente qual è la, o meglio, quali sono le Proposte di Valore dell’impresa. Studiare come si muovono in ambito digitale i competitor. Rivedere i processi aziendali, con particolare attenzione all’allineamento tra marketing sales e service, valutare la necessità di dotare questi servizi con un moderno crm ed applicare le automation necessarie.
Poi digitalizzare non è solo questo, questi sono solo alcuni titoli tra le più comuni attività iniziali, non si dovrà pensare solo alla proiezione esterna dell’azienda, la digitalizzazione dovrà pervadere ogni ambito di attività anche interno siano esse le linee di produzione piuttosto che la supply chain.
Anche per le grandi aziende della ristorazione è il momento d’introdurre nel proprio management la figura del Chief Digital Officer. Il direttore del digitale, ovvero quella figura manageriale che possa condurre i processi di digitalizzazione, plasmando coerentemente le attività con le nuove visioni di modello di business che saranno conseguenti al mondo post Covid.
Formazione per il settore food e le competenze digitali da avere (o da creare).
Molte idee stanno coinvolgendo il settore, sempre la presidente di CIRFOOD Chiara Nasi, nell’articolo appena richiamato, ci parla di food educating, di food tasting, di food making, ed a parer nostro sono tutte iniziative che per il loro lancio comportano attività digitali.
Recentemente in questo blog abbiamo dato un contributo di riflessione su argomenti connessi alla Digital Food Strategy.
La sfida è sicuramente impegnativa e certo i grandi nomi della Ristorazione Italiana sono consapevoli di come questa sfida vada vinta. Introdurre il Direttore del Digitale, il cdo, le spingerà a creare team digitali che questo manager porterà con sé, i Digital Tailor. Da questi team nasceranno vere e proprie palestre di crescita formativa specifica, coerenti con la particolarità del settore. Quindi nascerà un percorso di formazione interna e chissà presto vedremo non solo accademie in cui s’impara l’arte della cucina ma anche academy digital dove nasceranno le competenze dell’arte digitale coniugata alla ristorazione.
Un modello, o lo strumento, potrebbe essere il progetto Guilds42, realizzato dall’ecosistema digitale di cui è parte Maia Management.
Ma come partire? cosa deve fare l’imprenditore o il manager del settore della ristorazione per partire? La risposta è sempre la stessa: la prima mossa è fare la fotografia del grado di digitalizzazione della tua azienda, è il primo passo ma dalla nostra esperienza è quello giusto, acquisirai consapevolezza su come e da dove partire.