Industria 4.0: a che punto siamo?

il 08/05/2022

Sono ormai diversi anni che si sente discutere di Industria 4.0, eppure concretamente non si è ancora arrivati ad un paradigma chiaro e definitivo.

Un sondaggio elaborato dalla società britannica YouGov (attiva nelle ricerche di mercato) e condotto su un campione di oltre 1400 decision-maker di 10 Paesi europei (inclusa l’Italia) ha messo in luce come solo un quarto del campione ha concretamente avviato un processo di trasformazione digitale delle proprie aree produttive. Inoltre più della metà delle imprese non dispone oggi di una strategia al riguardo.

Andiamo a fare il punto della situazione su qual è l’attuale stato dell’arte del progetto Industria 4.0 e sul perché questo passaggio rappresenta uno snodo cruciale per la competitività delle aziende.

Che cos’è Industria 4.0?

E’ il processo che scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale ed il termine Industria 4.0 identifica una visione del futuro nella quale, grazie all’innovazione tecnologica e digitale, le aziende saranno in grado di incrementare i propri livelli di efficienza e di competitività.

Lo sviluppo del modello unico Industria 4.0, descritto nei successivi paragrafi, nasce dalla convergenza dei piani Industrie 4.0, autorizzato dal Governo federale tedesco e dallo Smart Manufacturing o noto con l’acronimo SMLC (Smart Manufacturing Leadership Coalition). 

Nel primo caso si tratta di una raccolta di raccomandazioni presentata ad Hannover nel 2011 per una politica di lungo termine incentrata sulla digitalizzazione delle imprese manifatturiere; nel secondo, invece, si tratta di una collaborazione tra imprese produttrici, università ed enti di ricerca per lo sviluppo di un’architettura di infrastrutture e piattaforme condivise.

Industria 4.0: a che punto siamo in Italia e in Europa?

La stragrande maggioranza dei decision-maker intercettati considera l’intero progetto Industria 4.0 come un approccio pluridimensionale all’evoluzione tecnologica e digitale delle imprese. Oltre il 75% degli intervistati ritiene che l’utilizzo della tecnologia nelle forme di Intelligenza Artificiale e di Realtà Aumentata sia imprescindibile per compiere una decisa svolta digitale.

Quasi il 70% degli intervistati è convinto che la trasformazione digitale porterà notevoli miglioramenti sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro, sia per quanto riguarda la sicurezza sul posto.

Il sondaggio evidenzia come i megatrend che oggi sono in prima fila per guidare il processo di trasformazione digitale delle imprese sono: la Cybersecurity, l’Internet of Things e il Cloud Computing.

Contrariamente a quanto si può pensare la tecnologia Blockchain (12%) e Chatbot (12%) vengono ritenuti meno importanti e “futuribili”. Dallo studio emerge che la maggior parte dei decision-maker intravede numerose potenziali applicazioni per IoT (78% che per l’Italia è l’89%), AI (72% che diventa l’82%) e AR (70% che pesa per l’81% per l’Italia).

L’82% degli intervistati ritiene che l’utilizzo di strumenti tecnologici innovativi associati alla produzione rappresenti la soluzione corretta per incrementare l’efficienza. Tra gli altri vantaggi attesi occorre menzionare il miglioramento del livello di servizio e della qualità (per l’81%), la diminuzione dei costi (81%) ed il raggiungimento di standard di sicurezza più elevati per la salute dei dipendenti (80%).

Per quanto riguarda le aree da migliorare, il 30% degli intervistati evidenzia che tra gli aspetti che ostacolano la trasformazione digitale dei reparti produttivi ci sono i tempi e i costi da sostenere. Anche i timori inerenti la sicurezza informatica e dei dati rivestono un ruolo di notevole importanza (25%). Lo stesso vale per i problemi di incompatibilità tra i software esistenti e quelli nuovi.

Sono, invece, poche le imprese che includono tra gli ostacoli principali alla digitalizzazione la carenza di personale (15%), la scarsa pro-attività dei dipendenti all’utilizzo delle tecnologie (15%) o l’assenza di priorità definite da parte dei vertici (15%).

Italia, un Paese diviso in due

L’Italia è storicamente un Paese intriso di divisioni ideologiche e organizzative. Non sorprende che, da un recente studio effettuato dall’associazione UCIMU- Sistemi per produrre, si evidenzi un Paese a due facce. Da un lato ci sono aziende che hanno accolto convintamente la trasformazione e cominciato ad utilizzare macchine e robot, dall’altro ci sono realtà che non hanno ancora rinnovato i propri strumenti e per questo rischiano di accusare un contraccolpo in termini di attrattività e competitività.

Uno dei problemi che emerge riguarda il fatto che le agevolazioni promosse dal MISE vengano sfruttate principalmente da società di maggiori dimensioni. Nonostante l’obiettivo del governo fosse quello di sostenere le PMI, queste non sembrano averne accolto i benefici. Complice anche uno scenario di crisi che attanaglia da anni le PMI, molti imprenditori hanno deciso di investire nella sola ottica di aggiornare e migliorare le macchine già utilizzate.

La spinta del Covid: un acceleratore per l’Industria 4.0

L’emergenza sanitaria innescata dalla pandemia ha inevitabilmente creato i presupposti per una concreta trasformazione digitale, accelerando di conseguenza i processi per diversi settori.

Il mercato 4.0 può vantare oggi oltre 4 miliardi di valore complessivo ed è stato in grado di generare un incremento di 200 milioni di euro rispetto all’ultimo anno pre-Covid. La pandemia infatti ha acuito l’importanza di diverse tecnologie, come per esempio il Cloud, che nel 2020 è stato utilizzato dal 60% delle aziende italiane secondo i dati Istat.

Un ulteriore trend che ha registrato un deciso incremento riguarda il ricorso all’installazione dei robot e all’IA. Come ha puntualmente sottolineato il Politecnico di Milano, l’implementazione dei progetti si è concentrata in modo specifico sull’acquisizione dei dati e sulla loro connettività, portando l’Internet of Things a raggiungere un valore complessivo pari a 2,5 miliardi di euro. L’utilizzo della tecnologia da solo rischia però di non essere sufficiente in un contesto profondamente cambiato e con la pandemia non ancora del tutto risolta.

Il Piano Transizione 4.0 è stato lungamente approfondito nel corso della presentazione del Piano Next Generation UE. Occorre tuttavia che il PNRR sia in grado di indirizzare una parte degli sforzi anche sul fronte della ricerca.

Industria 4.0: come cambia l’approccio delle aziende

L’Industria 4.0 prevede l’utilizzo di macchinari e software interconnessi tra loro ed in grado di collaborare in modo eccellente nell’ambito dell’autodiagnostica e della manutenzione preventiva.

Nello specifico, secondo un recente studio elaborato da GE Digital assieme a Vanson Bourne, la manutenzione di una macchina da parte della macchina stessa consentirà di superare l’abilità umana sia in termini di rapidità che di qualità proprio grazie all’Internet of Things.

La coesistenza di uomini e macchine nel modello di industria 4.0 consentirà di raggiungere un elevato livello di dinamismo e di flessibilità degli impianti allo scopo di arrivare ad una migliore personalizzazione dei prodotti in funzione delle specifiche esigenze del singolo cliente. I robot, infatti, assumeranno un ruolo chiave e saranno capaci di lavorare assieme all’uomo. Per quanto riguarda invece i flussi di lavoro, questi potranno essere riprodotti virtualmente, allo scopo di valutarne le possibili performance prima ancora di implementarli fisicamente in officina. In altre parole, le fabbriche saranno in grado di rifornirsi di energia in modo Smart a costi minori ed eliminando gli sprechi.

Come viene modificato il modello di organizzazione con l’Industria 4.0

Alla luce di quanto è stato analizzato è possibile affermare che il progetto Industria 4.0 è tanto ambizioso quanto indispensabile.

Trasformare digitalmente i reparti produttivi delle aziende non significa soltanto introdurre nuove macchine, ma vuol dire anche mutare completamente approccio e modello organizzativo.

Al netto dei problemi atavici che zavorrano il nostro Paese (la lentezza dei tempi della giustizia, gli scarsi investimenti pubblici e la pressione fiscale) e di alcune problematiche strutturali (come l’elevato fallimento che contraddistingue i passaggi generazionali o la difficoltà di accedere al credito), una delle principali cause che ostacola la digitalizzazione risiede in alcuni stereotipi legati all’organizzazione. Si pensi per esempio che l’organizzazione all’interno delle aziende 4.0 privilegia un approccio gerarchico e indirizzato alla ricerca ossessiva da parte del management di abbassare i costi. Abbracciare con convinzione questo progetto rappresenta perciò un primo grande passo per far parte dell’evoluzione tecnologica in atto.

Conclusioni

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